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Al vi
La nostra gente riconosceva nel vino un alleato dei
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pensieri onesti e della buona salute (al fa sanc ), un an-
tidoto contro la fatica, l’insonnia, la tristezza (al ta tira
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sö ) e gli attribuiva, grazie agli effetti sedativi dell’al-
cool, capacità di acuire la lucidità della mente, di libe-
rare l’immaginazione, di far perdere inibizioni.
Ben conosciuto come signore della buona convi-
vialità, il vino era capace di suscitare atmosfere di alle-
gria, di dare tono alla festa rompendo la quotidianità
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del vivere. A tale proposito, perfino la cióca saltuaria
era socialmente accettata con benevola indulgenza,
come consolazione di dispiaceri, rimedio alle frustra-
zioni di un’esistenza faticosa, assillata da povertà, av-
versità e incertezze per il domani. Il vino era, poi,
fattore indispensabile per la buona ospitalità nelle no-
stre case, e non era infrequente che alla domanda T’ài
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fac buna céra? , la risposta evocasse i massimi segni della
più cordiale accoglienza contadina: I g’à taiàt sö ‘l salàm
e i g’à tirat sö la butiglia. 6
La mentalità comune tributa un apprezzamento al
vino quale integratore alimentare e bevanda dalle for-
midabili proprietà terapeutiche, tanto che in situazioni
di convalescenza non c’era rimedio migliore che ‘l brót
2 “Fa sangue”: espressione che, nella cultura popolare significa corroborante della
salute e fattore di benessere.
3 Ti rimette in sesto.
4 Stato di ebbrezza.
5 Ti hanno accolto con cordialità?
6 Hanno tagliato il salame e stappato la bottiglia.
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