Page 21 - ide
P. 21

Le ìde  23


                  La storia locale attribuisce al monastero di San Be-
            nedetto, che aveva molte proprietà in Offanengo, e ai
            cistercensi di Abbadia Cerreto il merito di aver inse-
            gnato ai cremaschi le tecniche della coltivazione viti-
            cola. La stessa regola benedettina assegnava al monaco
            una pinta di vino al giorno (oltre un litro), per ritem-
            prarlo dei lavori manuali, senza dimenticare che nella
            farmacopea conventuale il vino mescolato con erbe era
            usato come medicinale. In realtà fin dall’epoca longo-
            barda, le prescrizioni dell’editto di Rotari, recepite più
            tardi negli statuti comunali, consideravano le vigne una
            sorta di spazio sacro e come tali erano protette.
                  Va detto che fino all’unità d’Italia il nostro paesag-
            gio cremasco si presentava assai differente rispetto a
            quello che siamo abituati a osservare ai nostri giorni.
            La presenza delle viti era diffusa in enorme quantità e
            in modo capillare: vi erano vigneti veri e propri in spazi
            chiusi da siepi e tutelati da furti e scorrerie; broli colti-
            vati a vite, pergolati appoggiati a filari di alberi, che nel
            sistema della piantata medioevale circondavano i
                                                         24
            campi. Erano le cosiddette ìde maridàde i cui rami ve-
            nivano fissati a tutori arborei soprattutto di olmi, aceri,
            pioppi e gelsi, con robuste e flessibili stròpe da sàles.  25
                  Il vino riceveva le sue qualità in riferimento alla
            natura dei suoli estremamente variabili nel Cremasco:

            23  Le viti e la viticultura.
            24  I vitigni coniugati con sostegni arborei.
            25  I rami flessibili dei salici.



       20
   16   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26