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sabbiosi, ghiaiosi, argillosi, melmosi, per cui un mede-
simo vitigno poteva produrre in luoghi diversi un vino
più o meno buono e durevole. I nostri avi sapevano che
una fascia di resa eccellente era costituita dal territorio
lungo la riva sinistra del Serio, tra Castel Gabbiano e
Madignano, compreso Offanengo; un’altra zona di
buona produzione era costituita da le scarpade, le füghe,
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i dòs e i muntagnù del Gerundo, tra Spino, Monte Cre-
masco e Montodine, mentre vicino a Crema davano
buoni risultati i vigneti del Pergoletto. In particolare,
circa la coltivazione della vite a Offanengo, abbiamo
una preziosa testimonianza di don Cesare Caravaggi,
nativo di questo paese del quale fu arciprete parroco
dal 1887 al 1898: «L’aspetto [di Offanengo] spicca viep-
più bello sull’aperto sorriso della campagna lussureg-
giante all’esterno, messa tutta a gelsi e a rigogliose
campate di frumento e granoturco e viva di vigneti, i
quali, parte per l’aprico del luogo, parte per l’industria
laboriosa dei terrazzani, poco tempo fa producevano
non grappoli d’uva, ma nettare ed ambrosia: tanto che
il vino di alcuni fondi di Offanengo era pregiatissimo
anche in lontane regioni. E posso assicurare il cortese
lettore che un negoziante di Crema, fatta incetta delle
uve migliori, e pigiatele, e raccolto il vino con somma
cura, di lì ad alcuni anni lo spediva a Parigi in bottiglie,
dove passava per vino del Reno». 27
26 I piccoli pendii, le ripide discese, i dossi e i rialzi del terreno.
27 C. CARAVAGGI, Offanengo e la chiesa nuova. Memorie raccolte dall’arciprete parroco Cesare
Caravaggi, tipografia C. Cazzamalli, Crema 1893, p. 6.
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