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dariale: A San Giüsèp la ìda tacàda al sò palèt; un ultimo
intervento avveniva tra agosto e settembre per srarì le
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fòe, taià i madér e i madirói, strepà le grape püsé bröte e fa-
vorire un’ideale maturazione.
Tutto ebbe una triste fine nell’ultimo scorcio del-
l’Ottocento, quando una funesta malattia delle viti colpì
il nostro territorio insieme a pressoché tutte le regioni
italiane, portata da parassiti che in poco tempo succhia-
vano la linfa delle viti facendo ingiallire ed essiccare le
foglie, atrofizzavano i grappoli e ne impedivano lo svi-
luppo. I tecnici diedero a questa patologia il nome
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scientifico di fillòssera, ma la memoria sopravvissuta
nelle nostre famiglie contadine parlò a lungo dei fami-
gerati piòc da le ìde. Fu la fine della produzione vinicola
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nella nostra terra e lo stesso paesaggio ne risultò deso-
lato, come descrive ancora l’arciprete Caravaggi:
«Adesso i famosi dossi di Offanengo sembrano male-
detti come i monti di Gelboe; non vi allignano più le
nostre viti e tu li diresti quasi incolti e abbandonati, se
non vi spuntassero qua e là un po’ di segale e un po’ di
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lenticchie». L’unica eccezione fu costituita da un viti-
gno resistente e di facile coltivazione, il famoso Clinto,
28 A San Giuseppe, il vitigno dev’essere ancorato al suo sostegno.
29 Alleggerire il fogliame eccedente, potare i capi di vite e i piccoli tralci, asportare i
grappoli atrofizzati.
30 Si tratta di un minuscolo insetto della famiglia degli Afidi, denominato fylloxera
vastatrix, cioè fillossera devastatrice. Il nome è composto da due termini greci: fylla
(foglie) e xerós (secco). La prima infestazione della fillossera in Italia è segnalata
nella media e bassa Brianza nel 1879.
31 Pidocchi delle viti.
32 C. Caravaggi, pp. 6-7.
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