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Schisà e ‘mbutiglià 36
L’uva veniva a maturare tra la raccolta del grano-
turco e la semina del frumento mentre la vendemmia
era fissata dagli statuti comunali tra la festa della nati-
vità di Maria (8 settembre) e la festa di San Luca (18 ot-
tobre). La vendemmia era un evento festoso ed aveva
una sua ritualità: tutti i membri della famiglia, uomini,
donne, ragazzi e bambini s’inoltravano nei filari per catà
le pignóle, ‘mpienì le curbèle, purtàle ‘n casìna, lasàle sugà
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sóta ‘l pòrtech. Due giorni dopo era tempo di pigiatura:
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in un clima di euforia sa ‘mpienìa le naàse e i naasói, va-
sche quadrangolari di legno di cui era dotata ogni
azienda agricola, poi uomini scelti vi entravano a piedi
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nudi, có le bràghe fàce sö, dopo accurate abluzione al fòs
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o sóta la sürba, peraltro oggetto di lazzi e battute scher-
zose, per procedere a schisà, operazione che richiedeva
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circa due ore per ogni quintale d’uva, fino a quando un
mosto denso e dolce fluiva da un apposito foro tra
sciami di müsì, assalti di martinèi 42 e un confluire di
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gente della cascina, pronta có la scüdèla a procurarsi
36 La spremitura dell’uva e l’imbottigliamento del vino.
37 Cogliere i grappoli, riporli nelle ceste, portarli in cascina e disporli sotto il portico
per asciugare.
38 Si riempivano grandi e piccole vasche quadrangolari di legno predisposte per la
pigiatura.
39 Con i pantaloni rimboccati.
40 Al piccolo corso d’acqua che lambiva la cascina o alla pompa del pozzo.
41 Pigiare.
42 Moscerini e vespe.
43 Scodella.
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