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troppo scrupolose nel risparmiare sui dettagli e poco
accorte nel scialacquare sulle grandi quantità. Anche ‘l
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vasèl, contenitore più ridotto dove veniva conservato
il vino migliore, suggeriva un detto riferito a persone
di piccola taglia ma di provata intelligenza: an dal vaselì
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sa mèt sempre ‘l vi püsé fi. Alla brenta, recipiente a
forma di gerla per il trasporto del vino dopo la pigia-
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tura, s’ispirava l’espressione andà zó col brentù, indice
di poca raffinatezza.
Ogni osteria era attrezzata di misure e bicchieri
per la mescita al dettaglio: al duliter, detto in gergo al
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santintòne, si ordinava per offrire da bere a una intera
compagnia di amici, chiedendo diversi bicchieri; segui-
vano al liter, al triquarc, al mesliter, al quartì. Si chiedeva
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da bere evocando tutte le misure di bicchieri e i nomi
in gergo senza mai nominare l’oggetto principe del de-
siderio: dàmen an càles, si diceva, na carafa, ‘n carafòt, an
paül, na culunèta, ‘n stafù, na stafa, na stafèta, e non man-
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cavano espressioni surreali, da non prendersi ovvia-
mente ad litteram, che indicavano quantità smisurate:
Al n’a biìt na brenta; al ga n’à zó ‘n vasèl; al g’à stincat na
80 Bótte di piccole dimensioni.
81 Nella botticina si mette il vino migliore.
82 Recipiente di legno a gerla per il trasporto del vino o di altri liquidi.
83 Scendere in cantina con una grossa brenta per attingere vino.
84 Santantonio, denominazione gergale per il maggior contenitore, da due litri, usato
per la mescita al dettaglio.
85 Il litro, il trequarti, il mezzo litro, il quarto.
86 Un calice, una caraffa, una caraffa grande, un bicchiere a colonna come per le bibite
analcoliche, una grande staffa, una staffa normale, una piccola staffa. Si noti che
“il bicchiere della staffa” era l’ultima bevuta al momento della partenza, quando
il piede dell’avventore stava già per infilare la staffa della cavalcatura.
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